Scrittore e giornalista statunitense, vincitore del premio Nobel per la letteratura grazie ad una delle sue opere più famose, “Il vecchio e il mare”, uno stile asciutto, diretto ed essenziale, ha scritto testi, solitamente incentrati su figure di grandi uomini virtuosi e ammirevoli, che vengono ad oggi considerati pietre miliari ed insegnamenti per i quali tutti noi dovremmo essere grati.

Due sono le personalità che lo spingono verso la carriera letteraria: da una parte Gertrude Stein, la quale gli fornisce moltissimo materiale letterario, libri e letture che gli permettessero di stare al passo con quelle che erano le tendenze culturali del tempo; dall’altra l’incontro con il poeta Ezra Pound, considerato da Ernest il proprio maestro, grazie al quale iniziò a pubblicare i suoi primi racconti.

Articoli raccolti successivamente in antologie, racconti, scritti satirici, numerosi romanzi, testi interrotti e mai pubblicati, poesie, commedie e perfino sceneggiature, opuscoli e memorie… la versatilità di questo scrittore è nota, ma oggi vorrei soffermarmi su un testo in particolare: “Ernest Hemingway on Writing”.

L’autore di questo libro, Larry W. Phillips, ha infatti voluto raccogliere tutta una serie di riflessioni formulate da Hemingway riguardo l’arte della scrittura.

Ecco i suoi consigli di scrittura.

1 – Ricordati che la prosa è architettura, non decorazione di interni.

I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede. Ma se uno scrittore omette qualcosa perché ne è all’oscuro, allora le lacune si noteranno.”

Secondo Hemingway, dunque, occorre eliminare tutto ciò che è superfluo: ciò che conta non sono tanto le rifiniture tra una piastrella e l’altra, ma la cosa fondamentale sono le basi su cui si costruisce l’intero edificio. E poi, alla fine, è la struttura sottostante, se ben costruita, che ci protegge e non ci fa crollare il tetto addosso, indipendentemente dalla tinta delle pareti che abbiamo scelto.

2 – Fermati quando sai cosa succederà dopo.

La cosa migliore è sempre fermarsi quando stai andando bene e quando ancora sai che cosa succederà dopo. Se lo fai tutti i giorni quando stai scrivendo un romanzo non ti sarai mai arenato. Questa è la cosa più preziosa che posso dirti, per cui cerca di ricordartela.

Così tenta di svelare il segreto dell’eterna ispirazione: lasciarsi qualcosa in sospeso per il giorno dopo, un punto da cui partire, da cui ricominciare nuovamente, per non perdere il filo del discorso né il tono con cui lo si sta esprimendo.

3 – Quando è ora di tornare a lavorare, inizia sempre rileggendo quello che hai scritto fino a quel momento.

La cosa migliore era rileggere ogni giorno dall’inizio, correggere scorrendo il testo, e poi proseguire da dove mi ero fermato il giorno prima. Quando il testo diventa così lungo che non puoi rileggerlo tutto ogni giorno, torna indietro di due o tre capitoli al giorno; poi ogni settimana rileggi tutto dall’inizio.

Rileggere è la parola chiave per creare testi coerenti, per non commettere errori di discrepanza, ripetizioni o salti da un ritmo all’altro. Spesso non abbiamo tempo né pazienza per rivedere ciò che è stato prodotto, eppure secondo Hemingway quest’azione è fondamentale e necessaria per mantenere compatto e coeso il testo.

4 – Non descrivere un’emozione – falla accadere.

All’epoca stavo cercando di scrivere e mi sembrava che la difficoltà più grande, oltre a quella di riconoscere veramente quello che provavi, e non piuttosto quello che pensavi che avresti dovuto provare, era metter giù in azione quello che davvero era successo; le cose che di fatto avevano prodotto l’emozione. Nella scrittura giornalistica racconti quel che è successo e, con un trucco o l’altro, comunichi l’emozione aiutato da quell’elemento di puntualità che conferisce una certa dose di emozione a qualsiasi resoconto dei fatti del giorno; ma la cosa vera, la sequenza di fatti e movimenti che avevano creato l’emozione, e che sarebbero stati validi uno o dieci anni più avanti, con fortuna e se descritti in maniera abbastanza pura, per sempre, era al di là di me, e cercavo di lavorare duramente per raggiungerla.”

Ecco un compito arduo dello scrittore: le persone non vogliono solo leggere gli eventi e i sentimenti dei personaggi, vogliono vivere quelle stesse emozioni. Non vogliono leggere l’amore, l’odio, la rabbia, l’invidia, il dolore… desiderano viverli!

E chi scrive deve almeno tentare questa complessa transazione dalla descrizione all’emozione. Non i fatti né le parole, ma occhi pieni di lacrime, commozione, pathos e palpitazioni!

[continua…]

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