TUTTA LA VERITA’ SUL GIOVANISSIMO SCRITTORE

Joël Dicker è uno scrittore Svizzero che, a soli 27 anni (nel 2012 risale infatti la pubblicazione del suo romanzo più famoso), è riuscito a conquistare il favore del grande pubblico.

Figlio di una bibliotecaria e di un insegnante di francese, Joël cresce a Ginevra, spostandosi per qualche tempo a Parigi, dove studia recitazione, ma, una volta tornato, nel 2010 riesce a conseguire la laurea in Legge, percorso scelto per “avere un piano B”; la passione, quella per la storia, viene coltivata da autodidatta, affiancata sempre dall’amore per la letteratura.

“La verità è che ho sempre avuto voglia di raccontare delle storie, ho sempre sentito quest’esigenza dentro di me. Quando scrivo metto su della musica per isolarmi e via, mi serve per costruirmi una sorta di bolla e concentrarmi. Il genere musicale non importa, passo dal jazz al pop, l’importante è che siano canzoni in francese, dato che scrivo in questa lingua.”

La carriera di scrittore non ha un immediato successo: per il primo romanzo, “Gli ultimi giorni dei nostri padri”, Dicker fatica a trovare un editore che voglia investire sul progetto; lui stesso racconta di aver scritto numerosi romanzi prima di essere pubblicato, dedicandosi ad un meticoloso lavoro per riuscire a migliorare la propria scrittura.

Solo dopo aver vinto il prestigioso concorso Prix des Genevois Ecrivains, premio assegnato ogni 4 anni, riesce a farsi notare: è Vladimir Dimitrijević che decide di investire sul giovane, ma ben presto l’editore muore in un incidente in auto, lasciando incompiuta la pubblicazione.

“Mi sono battuto molto per questo libro, l’ho difeso a spada tratta, ho fatto di tutto perché fosse pubblicato, dato che inizialmente non riuscivo a trovare un editore. Senza contare che rappresenta la base da cui è successivamente nato Harry Quebert, come se scrivendolo avessi gettato le basi del mio stile letterario.”

Solo quasi 3 anni dopo, nel 2012, il romanzo vede la luce: la casa editrice è L’Âge d’Homme, e ne viene curata un’edizione francese, così come aveva previsto Dimitrijević.

Romanzo storico la cui trama ruota attorno al SOE (Special Operations Executive), raccoglie missioni e addestramenti, storie vere intrecciate a personaggi di finzione, in una trama densa di intrighi e colpi di scena.

Nello stesso anno viene pubblicato anche “La verità sul caso Harry Quebert”, il romanzo per il quale Dicker riesce a raccogliere un grandissimo successo (basti pensare che l’opera è stata tradotta in addirittura 33 lingue).

Dopo le grandi delusioni, le quali però, dice Dicker, l’hanno aiutato a mettersi in gioco, a lavorare tantissimo e a migliorare il suo modo di scrivere, arrivano le soddisfazioni: la critica si spende a favore del giovane, paragonato addirittura a Dan Brown, autore de “Il codice Da Vinci”. Ben presto, infatti, il libro potrebbe comparire nelle sale cinematografiche con la regia del premio Oscar Ron Howard.

“Ogni volta che leggo un libro apprendo delle cose su di me. E lo stesso accade quando scrivo.”

Tra i modelli di Dicker troviamo i grandi della letteratura russa, come Dostoevskij e Gogol, ma anche autori francesi quali Marguerite Yourcenar e Romain Gary, fino ad arrivare a quelli americani, come Philip Roth o Jonathan Franzen. Nessun genere prediletto però, la curiosità e la voglia di imparare lo rendono aperto a tutto

“Che bella idea farsi assediare dalle idee! Lasciamo che le idee ci ossessionino, per realizzarle quando ci piacciono. E non lasciamoci ossessionare da idee che non ci appassionano. Perché, come dicevo prima, diversamente dalla triste definizione che i dizionari danno dell’ossessione, nella bellezza dell’ossessione c’è di che sublimare i nostri desideri e le nostre passioni. Perché bisogna avere l’ossessione delle proprie ossessioni. Bisogna selezionarle, averne cura, affinarle, abbellirle. Io le mie ossessioni le voglio belle, le voglio utili, le voglio divertenti. Bisogna essere esigenti con l’ossessione!”

 

La scrittura come qualcosa di vitale, qualcosa che ti costringe a svegliarti all’alba, qualcosa per cui vale la pena rimanere concentrato fino al punto di non ricordare più tutto il resto. Qualcosa che ti prende con sé, ti trascina nel suo mondo e non ti libera fin quando non sarai tu a riuscire a liberarti.

“Spesso le persone mi chiedono cosa debbano fare per scrivere un romanzo. Io rispondo che devono averne l’ossessione. Più che l’aspirazione, più che la voglia, più che il desiderio, più che la passione.”

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