Non sempre, diversamente da quello che possiamo pensare, sono stati gli editori ad intervenire in merito alle scelte riguardanti la pubblicazione di un testo, e dunque non sempre è ricaduta su di loro la facoltà di decidere come strutturare i capitoli e i paragrafi, come impostare l’impaginazione, quale immagine o quale quarta di copertina possano essere più attrattive per i lettori…

 

I COMPOSITORI

 

Inizialmente, infatti, queste scelte si devono imputare ai compositori: questi erano gli operai della tipografia, l’officina in cui si esplicava questa attività artigianale, che si occupavano della preparazione e composizione del testo per farlo diventare il libro stampato che, al termine del processo, raggiunge il mercato.

Le loro attività comprendevano diverse fasi: il disegno dei caratteri tipografici, l’impaginazione di questi, la stampa del supporto e il confezionamento nel formato finale destinato all’utilizzo.

Punteggiatura, variazioni grafiche e ortografiche sono dunque il risultato non tanto della volontà dell’autore, quanto le abitudini tecniche di questi tipografi.

 

I CORRETTORI

 

Col passare del tempo entra in gioco anche un altro tipo di attori, i correttori, i quali iniziano a sostituire i compositori: non più tecnici, ma letterati colti e intellettuali, che si impegnano a fornire la massima correttezza alle edizioni pubblicate.

La loro azione è decisamente più influente e decisiva nel fissare la lingua rispetto a quelle che possono essere le proposte degli stessi scrittori.

 

In tutto ciò l’editore sembra giocare un ruolo decisamente poco incisivo.

Non dobbiamo poi dimenticare che gli interventi non vertono tanto sul testo, sulla punteggiatura, sulla grafia o l’ortografia, quanto sulle scelte basate su quello che sarà il pubblico a cui ci si rivolge.

 

Un esempio di questa affermazione è la letteratura di colportage, ovvero le opere popolari che si diffondono in Francia, grazie a venditori ambulanti, tra il XVI e il XIX secolo.

Gli editori si impegnarono a stampare su carta di qualità mediocre, utilizzando caratteri usati e legni riciclati, dando origine a quei libretti poco costosi detti “livres bleus” per la carta blu che li rivestiva.

E l’attenzione guadagnata non deriva dai testi in sé, quanto da queste loro caratteristiche concrete e materiali, che donano loro l’identità di “libri del popolo”.

 

Spesso l’attenzione dei correttori punta proprio a rafforzare questa identità editoriale: da una parte vengono modificate le strutture, si aumenta il numero dei capitoli e dei paragrafi per venire incontro alle abitudini di quello specifico tipo di pubblico. La loro è infatti una lettura il più delle volte interrotta, ricca di frasi brevi e concise.

D’altra parte, invece, i testi vengono amputati, gli episodi superflui vengono tagliati via, i periodi compattati grazie all’eliminazione di incisi e relative.

 

GLI EDITORI

 

Il periodo in cui le cose iniziano a cambiare e ad avvicinarsi alla realtà che conosciamo oggi è verso il XIX secolo; due nuove preoccupazioni entrano a far parte della vita dei letterati: l’ansia della perdita del patrimonio scritto dell’umanità e, viceversa, il timore dell’eccesso.

Ecco che, finalmente, il ruolo degli editori cresce a dismisura: grazie alla loro attività questo enorme patrimonio culturale viene trasformato in prodotti durevoli, capaci di tramandarsi da una generazione all’altra, eliminando il problema dell’oblio.

 

L’altra faccia della medaglia, invece, li porta ad un altro tipo di attività: il rischio dell’eccesso si accompagna, inevitabilmente, alle pubblicazioni che si susseguono numerose.

E allora ecco che gli editori sono chiamati a scegliere, a smistare, ad organizzare per generi, a gerarchizzare tra la mole sempre più crescente di testi.

 

Anche i nostri editori, quindi, attraverso le loro scelte, acquisiscono un ruolo essenziale nel mondo dell’editoria, fino a diventare, ad oggi, alcuni fra gli attori chiave del processo editoriale e del successo del prodotto librario.

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