Walter Whitman, considerato il padre della poesia americana e del verso libero, è stato un poeta, scrittore e giornalista statunitense.

 

Cosa esprimete nei vostri occhi? Assai di più, mi sembra, di tutti i libri che ho letto in vita mia.

 

Walter Whitman nasce a West Hills, nel Long Island, nel 1819; trascorre parte della sua infanzia a Brooklyn a causa delle condizioni indigenti della famiglia. Abbandona gli studi all’età di undici anni per iniziare a lavorare e dare un contributo economico in casa: diventa praticante nella redazione del quotidiano Patriot, dove acquisisce le basilari conoscenze relative a stampa e tipografia.

Dopo uno scandalo che colpì il giornale, Whitman inizia a lavorare presso un altro tipografo, per poi entrare nella bottega di Alden Spooner, curatore del giornale Long-Island Star.

 

Cogli la rosa quando è il momento,

ché il tempo lo sai che vola…

e lo stesso fiore che oggi sboccia

domani appassirà.

 

In questi anni Whitman comincia a comporre e pubblicare le sue prime poesie in anonimato, fino ad abbandonare il giornale per dedicarsi completamente alla carriera di compositore a New York, ma, non riuscendo a trovare lavoro, torna a vivere con la famiglia e si dedica all’insegnamento in diverse scuole. Successivamente decide di fondare il suo giornale, il Long Islander, avventura durata ben poco; ritorna dunque all’insegnamento.

 

Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato.

 

La pubblicazione di alcuni saggi rappresenta l’inizio promettente della sua carriera letteraria, mentre cominciano ad emergere le sue idee antischiaviste che lo pongono in contrasto con diverse personalità dell’ambiente tipografico in cui lavorava; dopo un viaggio che lo porta a visitare diversi luoghi, inizia a lavorare presso l’azienda paterna di carpentiere e costruttore, continuando la sua formazione letteraria attraverso la lettura dei classici.

È nel 1855 che Whitman si autopubblica la prima edizione di “Foglie d’erba”, contenente dodici composizioni; il suo nome non compariva sulla copertina, ma era celato in alcuni versi. Il volume divise la critica tra chi disprezzò quelle pagine, definendole oscene, e chi invece espresse la sua totale stima nei confronti dell’autore.

 

Tra il clamore della folla ce ne stiamo io e te, felici di essere insieme, parlando senza dire nemmeno una parola.

 

Nonostante le critiche, venne pubblicata la seconda edizione con 20 componimenti supplementari; molti scrittori già affermati, come Alcott e Thoreau, ammiravano la poetica di Whitman. Le difficoltà economiche lo spinsero però a tornare a lavorare per i giornali, per i quali scriveva recensioni o editoriali.

Dopo aver ottenuto un impiego pubblico presso il Ministero dell’interno, fu licenziato a causa dell’opera precedentemente pubblicata, ritenuta immorale; l’amico O’Connor, indignato per l’accaduto, scrisse uno studio biografico intitolato “The Good Gray Poet”, che aumentò enormemente la popolarità di Whitman. Quest’ultima fu coronata dalla pubblicazione dell’ode “O capitano! Mio capitano”, scritta in occasione della morte di Abramo Lincoln.

 

O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,

La nave ha superato ogni tempesta, l’ambito premio è vinto,

Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,

Gli occhi seguono la solida chiglia, l’audace e altero vascello;

Ma o cuore! cuore! cuore!

O rosse gocce sanguinanti sul ponte

Dove è disteso il mio Capitano

Caduto morto, freddato.

 

La sua fama cresce sempre più, soprattutto al di fuori del territorio americano. La vita frenetica ebbe un’influenza negativa sulla sua salute: colpito da paralisi, si trasferì a casa del fratello George Washington Whitman; la morte della madre lo colpì profondamente, ma nonostante i dolori fisici e psicologici continuò a scrivere molte opere, come ad esempio il saggio “Democratic Vistas” o “Passage to India”.

L’ultimo periodo fu caratterizzato da un dolore fisico che lo debilitò moltissimo; Whitman muore nel 1892, probabilmente a causa di una polmonite.

 

Se tardi a trovarmi, insisti.

Se non ci sono in nessun posto,

cerca in un altro, perché io sono

seduto da una qualche parte,

ad aspettare te…

e se non mi trovi più, in fondo ai tuoi occhi,

allora vuol dire che sono dentro di te.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata