Gli esordi

Come tutti sappiamo, la nascita della stampa a caratteri mobili nasce grazie all’inventiva del famoso Gutenberg nel 1455 (anche se non tutti sanno che in Asia questa tecnica esisteva già dal 1041).

La procedura è semplice: occorre allineare i caratteri della pagina, cospargerli di inchiostro e pressare su di essi il foglio su cui imprimere la scritta. La novità che permette di dare avvio a più stampe è quella di questi “caratteri mobili” (prima, essendo la matrice fissa, non si poteva che stampare un’unica pagina).

In Italia

La prima tipografia esportata dalla Germania fu opera di Johannes Numeister, concittadino e allievo di Gutenberg, che aprì a Foligno una bottega tipografica nel 1463.

Le prime vere esperienze editoriali italiane sono state quelle veneziane: tra il XV e il XVI secolo, infatti, si esplica l’attività di Aldo Manuzio.

E’ dunque Venezia il polo centrale della tipografia italiana, distinguendosi per la propria produzione libraria: numerosi sono gli editori, come ad esempio Francesco Sansovino, Gabriele Giolito de’ Ferrari e Giorgio Rusconi.

Il primissimo editore italiano fu però il romano Giovanni Filippo de Lignamine, la cui attività è presente già dal 1470 circa.

Nel settecento

Inizialmente, però, questa attività si esercita a livello artigianale e familiare; la figura che si occupa della produzione libraria è il libraio-editore, in contatto con i suoi colleghi, con i quali scambia e diffonde le proprie stampe.

Il clima culturale è favorevole: molte sono le accademie e le biblioteche che cercano di alimentare il fervore intellettuale; nascono addirittura gli antenati dei nostri circoli letterari, anche se per ora il pubblico è prevalentemente d’élite.

Le uniche opere destinate al popolo sono quelle religiose (come i libri di preghiera) e gli almanacchi.

 

Nell’ottocento

E’ in questo periodo che l’editoria conosce una progressiva ammodernamento: sotto il governo napoleonico (primo decennio dell’800 circa), infatti, viene data libertà di stampa, l’istruzione elementare diventa obbligatoria e gli editori riescono a commerciare più facilmente i loro testi.

Centrali nel panorama italiano diventano le città di Milano, Firenze, Torino e Napoli. Cominciano a distinguersi inoltre alcuni editori per le loro particolari iniziative, come ad esempio Felice Le Monnier, il quale intraprende la sua attività a Firenze e fonda la casa editrice Le Monnier negli anni 30.

Nel novecento

Accanto alle poche grandi imprese editrici, esistono in questo periodo molte piccole tipografie locali. Ad emergere è Milano. Cominciano anche a circolare produzioni a grande tiratura, le cui caratteristiche sono prezzi contenuti, ma qualità bassa. Nascono inoltre i periodici, iniziativa editoriale con tirature modeste di 300-600 copie.

Gli anni del massimo sviluppo sono tra il 1861 e il 1873: numerose sono le iniziative editoriali, nascono nuove tipografie, si sviluppano macchine sempre più tecnologiche e i titoli stampati crescono a dismisura.

 

Oggi

La situazione attuale, a seguito di tutta una serie di fattori, non risulta essere delle più floride.

Ad oggi esistono pochi grandi gruppi editoriali, tra i più conosciuti possiamo citare Mondadori e RCS.

Uno dei principali motivi di riorganizzazione che hanno dovuto affrontare molte case editrici è stato quello della digitalizzazione: chi non riesce a stare a passo coi tempi, purtroppo, si vede messo da parte in un mercato sempre più competitivo e spietato.

E mentre i fatturati decrescono, le iniziative individuali aumentano in modo esponenziale: da poco, infatti, lo stesso colosso Amazon è diventato editore, permettendo ai moltissimi aspiranti scrittori di diventare editori di se stessi attraverso il self-publishing.

Tra e-book e autori “fai-da-te” non sappiamo quali saranno le sorti dell’editoria così come tradizionalmente la conosciamo, possiamo solo augurarci che il progresso non comporti perdita di qualità e valore del settore.

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