Un nome forse poco familiare, io prima di leggerne la raccolta poetica non riuscivo a ritrovarlo nella mie reminiscenze.

Eppure è un personaggio che fece molto parlare di sé. Diciamo, per così dire, eclettico, ma non voglio svelare subito il mistero che si cela dietro a questa figura di esile uomo malato.

Ebbene, egli fu un cosiddetto “cagionevole”, affetto da una malattia mortale che lo costrinse ad una vita ritirata nella sua camera, un’esistenza triste e dolorosa, lontano dal mondo che poteva osservare dall’alto di una finestra, disprezzando tutti coloro che invece potevano godere dell’aria fresca o del sole caldo sulla pelle.

Nasce in un freddo ottobre del 1845, forlivese, e viene considerato rappresentante della poesia realista, anticonformista, specie anticlericale, a tratti scapigliata.

Nell’introduzione all’opera più importante, Postuma, la sua biografia viene narrata da un amico, il quale si è ritrovato l’ingrato compito di dover salutare il malato un’ultima volta prima della dipartita; ora, per rendere omaggio a quella grande fragile personalità, quest’uomo pubblicherà una raccolta composta da alcuni testi poetici, più o meno in ordine cronologico, i quali ripercorrono le vicende, gli ultimissimi accadimenti, del nostro triste Lorenzo.

“…a me che più di tutti fui a parte delle sue gioie e de’ suoi dolori, è toccato il triste incarico di tesserne la biografia.”

Lorenzo non è però un unicum: egli è infatti accompagnato da altri uomini, altre figure che a lui si confondono o alternano, creando un mix di personalità poetiche e artistiche: Bepi, Mercutio, Pulinera, Balossardi… Insomma, un insieme multiplo di scelte linguistiche e stilistiche a sua disposizione.

In sole quattro semplici parole Olindo sa di poter descrivere senza indugi la storia del povero Lorenzo: “morì a trent’anni”. Ed è esattamente questo che ci colpisce, che ci fa intristire, che ci coinvolge nelle poesie: la sua esistenza è stata dolorosamente triste, lui ce lo racconta e ci accompagna in questo percorso di consapevolezza, di disprezzo e vendetta nei confronti della donna che tanto l’ha fatto soffrire.

Anche la malattia ci viene illustrata apertamente: ad un tratto siamo lì, con Lorenzo, ad osservare dalla sua stessa finestra quelle medesime persone e a desiderare quella stessa brezza, e ci rendiamo conto, ancora più velocemente, che allontanandoci da lui noi riusciremo a sentirla ancora, Lorenzo invece no. Egli è condannato, condannato ad una sofferenza fino alla fine.

Continuò tuttavia il suo solito metodo di vita ed agli estranei non parve mutato né al fisico né al morale. Solo diventò meno gaio. Alle volte interrompeva a mezzo il riso incominciato e diventava improvvisamente serio. Molte cose che prima amava con tutto l’ardore della sua bella giovinezza, gli divennero indifferenti. Anche l’anima si ammalava.”
Ecco che ci sentiamo legati a quelle poesie, soffriamo, piangiamo, ci disperiamo con lui. Sentiamo di poter provare gli stessi sentimenti di angoscia e rabbia, paura e tristezza.

Il vero successo della raccolta è insito proprio in questo.

Torniamo alla nostra biografia: proveniente da una famiglia non ricca, ma agiata, si dedica agli studi nella città di Bologna, dove rimane anche dopo la laurea.

Viaggiò molto, amò il sole caldo di Genova, ma soprattutto di Napoli, città che riuscì ad alleviare per brevi periodi la sofferenza tisica, senza però guarirlo del tutto; oscillò per parecchio tempo tra miglioramenti e peggioramenti della sua condizione, non trovando mai un equilibrio stabile che gli facesse tirare un sospiro di sollievo.

 

Mi si spezza la testa. Io son malato

E la febbre mi brucia entro le vene.

Sono debole, giallo, dimagrato,

Ma quando penso a te mi sento bene.

Ma quando penso a te cessa il dolore

E la speranza mi ritorna in core.

Per non soffrir così vorrei morire,

Ma quando penso a te voglio guarire.

 

Così racconta Olindo dei suoi ultimissimi giorni di vita: “sul finire del 1875, lo vedemmo improvvisamente ricomparire a Bologna, bianco, macilento, curvo come un vecchio; gli occhi soli erano vivi.”

In una fredda sera innevata, infine, la morte coglie Lorenzo, che scompare come risucchiato dalla nebbia che avvolge il paesino sperduto, stringendo per l’ultima volta la mano a Guerrini, le ossa pungenti attraverso la pelle gialla, sospirando un “grazie” come estremo saluto.

Termina così la triste e breve vita del povero ragazzo trent’enne, sofferta e subita, non potendo egli combatterla per la mancanza di forze e per via di quella debolezza, unica sua compagna fedele.

 

Per concludere vi svelo un segreto: Lorenzo non esiste. Tutto ciò che vi ho raccontato nell’articolo di oggi è una bugia. Non mia, ci tengo a precisare! Ma della mente geniale di Olindo Guerrini.

Una menzogna, un’illusione, un teatro con delle maschere, un sipario che si alza sulla verità.

Olindo riuscì a inventarsi questa e altre personalità (quelle multiple di Stecchetti, per intenderci), suscitando scalpore e successo all’epoca in cui venne pubblicata Postuma, un senso di vuoto imprecisato quando il lettore si rende conto di aver provato pietà e simpatia per un essere mai esistito.

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