Giorgio Caproni è stato un poeta e un critico letterario, nonché maestro alle scuole elementari.

Buttate pure via

ogni opera in versi o in prosa.

Nessuno è mai riuscito a dire

cos’è, nella sua essenza, una rosa.

Giorgio Caproni nasce a Livorno nel 1912, da una famiglia di ascendenza germaniche. Il periodo che va dal 1915 al 1921 fu definito dallo stesso poeta pieno “di lacrime e miseria nera”. A solo quattro anni impara a leggere da autodidatta; frequenta dapprima l’Istituto del Sacro Cuore, successivamente le scuole comunali.

La sua infanzia è segnata dalle barbarie della guerra e da quelle che ad essa seguirono; Caproni racconta che furono “anni duri in cui non ancora decenne vidi ammazzare la gente per la strada”, ma, nonostante ciò, i momenti familiari gli donarono serenità, soprattutto le passeggiate della Domenica che era solito fare con il padre e il fratello, in campagna o ai bagni Pancaldi.

In seconda elementare già scopre il piacere della lettura e, in particolare, della poesia: conosce, grazie all’antologia custodita nella biblioteca paterna, i poeti delle origini (Siciliani e Toscani) e la Commedia di Dante; a questo periodo risale il suo primo tentativo letterario, un racconto breve che ha per protagonista il diavolo, intitolato “Leggenda Montanina”.

Nel 1922 la famiglia si trasferisce a Genova per seguire le mete lavorative del padre di Giorgio.

La città più mia, forse, è Genova. Là sono uscito dall’infanzia, là ho studiato, son cresciuto, ho sofferto, ho amato. Ogni pietra di Genova è legata alla mia storia di uomo. Questo e soltanto questo, forse, è il motivo del mio amore per Genova, assolutamente indipendente dai pregi in sé della città. Ed è per questo che da Genova, preferibilmente, i miei versi traggono i loro laterizi.

Mentre finisce le scuole elementari, studia violino al conservatorio Giuseppe Verdi, dove si diploma nel 1925. È studiando composizione che, per la prima volta, Caproni si dedica alla stesura di versi. La passione per la musica lo accompagna fino all’età di diciotto anni, ma la scrittura diventa presto preponderante: compone le prime poesie di stampo futurista, mentre nel frattempo inizia a lavorare presso uno studio di avvocati.

Le prime raccolte pubblicate sono “Come un’allegoria” e “Ballo a Fontanigorda”. Compiuto il servizio militare, si trasferisce a Roma, dove conosce Rina Rettagliata, sua futura compagna. Nel 1940 viene richiamato alle armi a combattere la campagna di Francia, esperienza che influenzò molto le riflessioni successive.

Rientrato dalla guerra, passò gran parte della sua vita ad insegnare alle scuole elementari.

Muore a Roma nel 1990.

Ora che più forte sento,

stridere il freno, vi lascio

davvero, amici. Addio.

Di questo sono certo: io

son giunto alla disperazione

calma, senza sgomento.

Scendo. Buon proseguimento.

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