David Foster Wallace, definito “uno degli scrittori più influenti e innovativi degli ultimi 20 anni”, è stato uno scrittore e saggista americano, nonché docente di scrittura creativa.

David Foster Wallace nasce nel 1962 a Ithaca; passa la sua infanzia tra Champaign e Urbana, per poi frequentare la Yankee Ridge School e, successivamente, l’Amherst College, dove consegue la laurea in letteratura inglese e filosofia nel 1985. Si iscrive anche presso l’Università di Harvard, dove trascorre il primo semestre prima di abbandonare a causa del ricovero in clinica psichiatrica.

 

Le persone sole tendono a restare sole perché rifiutano di sostenere i costi psicologici richiesti dal vivere in mezzo agli altri esseri umani. Sono allergici alle persone.

 

Fin da giovane spiccano le sue doti artistiche, ottiene infatti un Master of Fine Arts in scrittura creativa alla University of Arizona; inizia nel frattempo la carriera di docente, dapprima alla Illinois State University, poi in California, presso il Pomona College, dove insegna scrittura creativa e letteratura inglese.

Il suo esordio è il romanzo “La scopa del sistema”, pubblicato nel 1987: uno stile tagliente e ironico quello di Wallace, tanto da non lasciare indifferente la critica. Due anni dopo dà alla luce una raccolta di racconti, “La ragazza con i capelli strani”, considerato uno dei libri più rappresentativi dello scrittore, sia in termini di temi affrontati che di stile.

 

L’arte seria dovrebbe farci affrontare cose che sono difficili dentro di noi e nel mondo.

 

È col romanzo capolavoro “Infinite Jest”, le cui tematiche spaziano dalla cultura moderna incentrata su media e intrattenimento, all’uso di droghe, fino ad arrivare alla competizione e alle difficoltà nei rapporti interpersonali, che Wallace diventa un autore amato a livello internazionale.

 

Ogni giorno sono costretto a compiere una serie di scelte su cosa è bene o importante o divertente, e poi devo convivere con l’esclusione di tutte le altre possibilità che quelle scelte mi precludono.

 

 

Lo scrittore viene addirittura paragonato a pilastri del passato, un “Émile Zola post-millennio”, definito “la mente migliore della sua generazione”. Vince numerosi premi e la sua carriera conosce il picco di successo.

 

Siamo tutti tremendamente, tremendamente soli.

 

Dietro ad una personalità così compiutamente artistica, un uomo così profondo e geniale, si nasconde però un male oscuro: Wallace combatte la depressione per anni, usando molti farmaci antidepressivi, fino a quando non è costretto a interrompere la cura per i loro effetti collaterali; tenta terapie alternative, ma niente riesce a far soccombere la malattia.

 

Dal momento che il dolore è un’esperienza mentale totalmente soggettiva, non abbiamo accesso diretto al dolore di niente e nessuno a parte il nostro.

 

Nel settembre del 2008 Wallace scrive il suo addio e si toglie la vita a casa sua, in California.

L’ultimo suo romanzo, “Il re pallido”, finalista per il Premio Pulitzer 2012, viene pubblicato nel 2011.

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