L’AUTOBIOGRAFIA CHE CAMBIA LA VITA

Capiamo di trovarci davanti ad un libro particolare non appena ci accingiamo a leggerne la prefazione: è Elizabeth che introduce la sua storia, illustrandoci la struttura insolita che caratterizza le pagine del libro.

[…] Questi cordoncini di perle si chiamano japa mala, e per secoli hanno aiutato i fedeli indù e buddhisti a mantenere la concentrazione durante la preghiera. Si tiene la collana in mano e si fanno scorrere le perle tra le dita, una alla volta, ripetendo il mantra, fino a completare il giro. Lo japa mala tradizionale è costituito da 108 perline. Si ritiene che questo numero sia particolarmente ricco di buoni auspici, un perfetto multiplo di 3, il numero dell’equilibrio. Poiché questo libro racconta dei miei sforzi per trovare un equilibrio, ho deciso di dargli la struttura di uno japa mala.


E le pagine si susseguono come una sorta di benefico mantra, un rituale fatto di preghiere, analisi interiori e riflessioni sparse tra una riga e l’altra, un continuo alternarsi tra accadimenti e considerazioni, una meditazione continua senza troppi pensieri concettosi o contorti.

Già per natura cittadina del mondo, Elizabeth intraprende questo suo viaggio, tanto concreto quanto spirituale, a seguito di una crisi dovuta alla separazione dal marito.

Io mi ero nascosta in bagno per la quarantasettesima notte di seguito e, come tutte le precedenti, singhiozzavo. “Non voglio più essere sposata.” Questa verità premeva su di me con insistenza, anche se cercavo con tutte le forze di non accettarla. “Non voglio più essere sposata. Non voglio vivere in questa grande casa. Non voglio avere un bambino.” Ma avrei dovuto volerlo.

Una vita che pare così stretta e asfissiante, una maglietta troppo piccola che proviamo ad infilarci dimenando le braccia impotenti, incastrandoci in scomode posizioni che mozzano via il respiro. Le pratiche del divorzio, così come il rapporto burrascoso con l’uomo, la sfiniscono psicologicamente, facendola sprofondare nel vortice della depressione: la strada percorsa è fatta di antidepressivi, digiuno, pianti e dolore. L’unica soluzione che le si prospetta è la partenza, l’allontanarsi da tutto e tutti, dalle situazioni negative e indisponenti, dall’atmosfera opprimente che soffoca la sua vita, dalla città ormai a lei estranea.

Tre sono le tappe: l’Italia, luogo del piacere, una lingua dolcemente perfetta, parole luminose da imparare ogni giorno, cibo gustoso da assaporare accanto a nuovi amici briosi; e poi l’India, la mente, la spiritualità, i mantra, la meditazione, la solitudine e la poesia, il rispetto per il mondo e le sue creature, il contatto con la natura, la terra, e con se stessi.

Oh Krishna, la mente non conosce pace, è irrequieta, potente e incoercibile. Penso che sia difficile da sottomettere come lo è il vento. […] Dal lontano passato al futuro imperscrutabile, la mia mente oscilla senza sosta, soffermandosi su decine e decine di idee al minuto, indisciplinata e fuori controllo. Di per sé non sarebbe grave, il problema è la tensione emotiva che si accompagna al pensare. I pensieri felici mi rendono felice, ma ecco che con un salto vado a finire in un pensiero angosciante, che mi rovina il buon umore. Dopotutto, tu sei quello che pensi. Le tue emozioni sono schiave dei tuoi pensieri, e tu sei schiavo delle tue emozioni.

 

Infine Indonesia. E quindi arriva la consapevolezza. Alla fine tutto torna al posto corretto. Non si può controllare ogni cosa, come desidererebbe Elizabeth, eppure possiamo decidere come passare il tempo, con chi interagire e con chi condividere tutto ciò che possediamo, come spendere la nostra energia, cosa dire e come dirlo. La cosa più importante è che si può scegliere se valutare le esperienze che ci accadono come se fossero sfortune o opportunità. Si può decidere cosa pensare, solo così si avrà il controllo della nostra vita. Dominare la mente.

Per meditare devi solo sorridere. Sorridi con la faccia, sorridi con la mente, e l’energia buona verrà da te e laverà via l’energia sporca. Sorridi anche con il fegato.


L’esperienza di Elizabeth può insegnare a tutti noi molte cose: ci racconta che la speranza di rinascita non ha mai limiti di alcun tipo, che i sogni bisogna inseguirli e non rinchiuderli in qualche orrido cassetto, che non siamo fatti per prestare attenzione alle aspirazioni di chi ci circonda né tanto meno quelle che ci impone la società, che andare oltre i soliti schemi non vuol dire trasgredire, ma solo aver voglia di vivere.

Forse dovremmo rinunciare a cercare di sdebitarci con chi ci ha aiutato nella vita. Forse sarebbe più ragionevole arrendersi davanti alla miracolosa, illimitata grandezza della generosità umana e limitarsi a dire solo grazie, eternamente, sinceramente, finché abbiamo voce.

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