Aprire questa rubrica sui consigli di scrittura con le lettere scritte da Rilke al poeta Kappus nei primi del 900.

Credo che non ci sia scelta migliore.

E non perché Rilke viene considerato uno dei più grandi poeti tedeschi. Non perché la sua vita fu caratterizzata da un’adolescenza travagliata, un matrimonio sfortunato, toni cupi e decadenti.

Il perché è comprensibile. Basta semplicemente iniziare a leggere Lettere a un giovane poeta per comprendere la profonda motivazione che mi ha spinto verso di lui.

Trovo che le sue parole siano le più belle, le più ricche, le più emozionanti che io abbia mai letto per quanto riguarda la scrittura.

Per chi ama leggere, ma soprattutto per tutti coloro per i quali la scrittura non è un’azione, un atto che si compie, ma è vita… per tutti voi, per tutti noi, non esiste niente di più profondamente coinvolgente e veritiero che sia stato pronunciato su questa forma d’arte.

Rilke afferma che nessuno può giudicare o dare consigli a chi scrive, specie se l’opera prende vita dall’intimo del proprio cuore, arricchendosi di sentimento riga dopo riga, esprimendo ciò che si nasconde nei meandri più nascosti del nostro spirito.

“Lei domanda se i suoi versi siano buoni. Lo domanda a me. Prima lo ha domandato ad altri. Li invia alle riviste. Li confronta con altre poesie, e si allarma se certe redazioni rifiutano le sue prove. Ora, poiché mi ha autorizzato a consigliarla, le chiedo di rinunciare a tutto questo. Lei guarda all’esterno, ed è appunto questo che ora non dovrebbe fare. Nessuno può darle consiglio o aiuto, nessuno. Non v’è che un mezzo. Guardi dentro di sé. […]

Allora prenda su di sé la sorte, e la sopporti, ne porti il peso e la grandezza, senza mai ambire al premio che può venire dall’esterno.”

Altri consigli più pratici vengono elencati dal nostro poeta: non si devono scrivere poesie d’amore né utilizzare forme troppo comuni, poiché esse trovano già la loro ragion d’essere nella tradizione precedente, rendendo arduo escogitare contributi significativi che arricchiscano ulteriormente ciò che ormai è stato creato.

“Perciò rifugga dai motivi più diffusi verso quelli che le offre il suo stesso quotidiano; descriva le sue tristezze e aspirazioni, i pensieri effimeri e la fede in una bellezza qualunque; descriva tutto questo con intima, sommessa, umile sincerità, e usi, per esprimersi, le cose che le stanno intorno, le immagini dei suoi sogni e gli oggetti del suo ricordo.”

Consiglia anche di parlare col cuore in mano, con tutta la sincerità che si possiede, aprendosi quanto più si riesca al testo che veicola il nostro pensiero, utilizzando se possibile immagini semplici e immediate, uno stile che giunga subito, senza abbellimenti inutili, a chi legge.

“E dunque, egregio signore, non avevo da darle altro consiglio che questo: guardi dentro di sé, esplori le profondità da cui scaturisce la sua vita; a quella fonte troverà risposta alla domanda se lei debba creare. La accetti come suona, senza stare a interpretarla.”

E se mai uno scrittore trovasse difficoltà di ispirazione, non se la prenda con la sua esistenza, perché ciascuno di noi può ritrovare nelle piccole cose quella gioia di scrivere della vita, di scrivere la vita, quel desiderio di far scivolare una penna su un foglio di carta, le dita sulla tastiera, veloci, man mano che i concetti prendono forma, man mano che nasce una nuova creazione.

Se la sua giornata le sembra povera, non la accusi; accusi se stesso, si dica che non è abbastanza poeta da evocarne le ricchezze; poiché per chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi indifferenti o miseri […]”

Questa volta ho usato più citazioni che parole personali, ma quando vengono espressi concetti così potenti, questi non si possono mettere da parte per dire una qualunque altra cosa che risulterà essere sempre tristemente lontana da una tale forza.

Senza dire altro, concluderei con un ultimo passo, il più bello, il più ricco, il più commovente, rivolto non solo a quel giovane poeta destinatario della lettera, ma a tutti coloro che hanno fatto della scrittura la propria ragione di vita:

“Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere? Questo soprattutto: si domandi, nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità.”

 

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