Anton Checov è stato uno scrittore russo, divenuto famoso soprattutto grazie alle raccolte delle sue novelle, in particolare “Nel crepuscolo”, opera che gli valse l’apprezzamento di critica e pubblico. Scrisse anche moltissime pièce teatrali.

Di Checov è stato pubblicato un libro, intitolato “Senza trama e senza finale. 99 consigli di scrittura”, dove vengono raccolti tutti i consigli di scrittura emersi dalle sue lettere, riguardanti gli aspetti più vari della professione.

 

1 – SII BREVE

Non permettere che qualcun altro accorci o modifichi i tuoi racconti. (…) Non permettere è difficile; più facile è adoperare il mezzo che hai sotto mano: accorciare tu stesso fino al nec plus ultra e rielaborare. Quanto più sarai breve, tanto più sovente ti pubblicheranno. Ma l’essenziale è questo: sta all’erta, vigila e suda, riscrivi anche cinque volte il medesimo racconto, accorcialo, ecc.

 

Il primo consiglio messo in luce è sicuramente quello della brevità: Checov scrisse per lo più racconti, dunque è abbastanza semplice capire perché questo è uno dei consigli più cari; se non accorci quanto scrivi, qualcun altro lo farà per te, limandolo senza però comprendere a fondo ciò che sta facendo; è dunque meglio che sia l’autore a lavorare su questo aspetto, riscrivendo più e più volte se necessario, pur di ottenere la “lunghezza” ottimale.

Preparo il materiale per il mio terzo libro e cancello senza misericordia. È strano, adesso ho la mania della brevità; qualunque cosa legga, mia o di altri, nulla mi sembra abbastanza breve.

La brevità è sorella del talento.

 

 

2 – RICAMA LA TUA OPERA

Scrivete un romanzo. Scrivetelo per un anno intero, poi abbreviatelo per mezz’anno, e poi pubblicate. Voi limate poco, mentre una scrittrice deve non scrivere, ma ricamare sulla carta; che il lavoro sia minuzioso, laborioso.

Trovo questo consiglio molto poetico. “Ricamare sulla carta”, evitando fronzoli inutili che rovinano l’opera d’arte, e poi sistemare gli orli con minuzia, un punto alla volta, mettendoci passione e prestando attenzione ad ogni angolo del nostro “fazzoletto letterario”…

 

 

3 – SII CRITICO DI TE STESSO

Non esiste una polizia che possa considerarsi competente in fatto di questioni letterarie, Sì, sono d’accordo, non si può fare a meno del freno e del bastone, giacché i furfanti s’intrufolano anche nella letteratura; ma, per quanto si faccia, sarà impossibile trovare per la letteratura una polizia più efficace della critica e della coscienza personale dell’autore.

 

Ogni scrittore arriva al punto in cui ha la necessità di svolgere un lavoro molto difficile, mettendosi nei panni di chi ci legge: bisogna essere i primi critici della propria opera, cercando di analizzarla da un punto di vista esterno, per trovare eventuali falle da correggere.

 

 

4 – SII ONESTO

Mai si deve mentire. L’arte ha questo di particolarmente grande: non tollera la menzogna. Si può mentire in amore, in politica, in medicina: si può ingannare la gente, persino Dio; ma nell’arte non si può mentire.

Consiglio comune a moltissimi scrittori è l’onestà. Quando si scrive, non necessariamente bisogna scrivere di sé, ma di certo bisogna necessariamente credere a quello che si sta dicendo; la finzione deve essere vera.

 

5 – NON GIUDICARE

L’artista non dev’essere il giudice dei suoi personaggi né di ciò che essi dicono, ma solamente un testimone spassionato.

 

Per un chimico non v’è nulla di sudicio sulla terra. Altrettanto obiettivo dev’essere lo scrittore. Egli deve liberarsi dal soggettivismo della vita e sapere che in un paesaggio un mucchio di letame rappresenta talvolta una parte degna d’ogni rispetto e che le cattive passioni sono inerenti alla vita al pari delle buone.

 

Non avere pregiudizi sulla vita, sulle cose, sulle persone, sulle situazioni. Osservale e comprendile, scrivine. Ogni cosa che succede diventa spunto vitale per la propria scrittura, ma non per questo diventi giudice di ciò di cui sei testimone. Guarda le cose con la curiosità di un bambino, guardale per comprendere, non per emettere sentenze. Tutto ciò che accade nasconde un motivo, il tuo compito è dargli voce.

Ricordati di scrivere, non predicare.

 

Nessuno è colpevole, e quand’anche ci fossero dei colpevoli, ciò riguarda la polizia sanitaria, non gli artisti.

 

6 – LAVORACI SU PER QUALCHE GIORNO

Per scrivere un racconto ci vogliono cinque o sei giorni e dovete pensarci tutto il tempo, altrimenti non vi foggerete mai uno stile. Prima d’esser messo sulla carta, ogni frase deve restarvi in testa un paio di giorni per rimpolparsi. Io stesso, beninteso, sono troppo pigro per attenermi a questa regola, ma tanto più volentieri la raccomando a voi che siete giovane, in quanto ne ho sperimentato molte volte i benefici effetti, e so che i manoscritti di tutti i veri maestri sono scarabocchiati per lungo e per largo, consunti e coperti di pezze a loro volta piene di cancellature e di sgorbi.

 

La rielaborazione è cruciale: quando un’idea ti balena in mente, pensala per un po’, rigirala fino a quando non ti sarà ben chiara, solo a quel punto mettila per iscritto. Fatto ciò, rileggi il tutto e ripensaci ancora un po’, aggiungi, cancella, capovolgi… Rielabora fino a quando non sarai soddisfatto del risultato.

7 – ELIMINA ATTRIBUTI E AVVERBI

Ancora un consiglio: leggendo le bozze, cancellate, dov’è possibile, gli attributi e gli avverbi. Voi mettete tanti attributi che il lettore difficilmente si raccapezza, e si stanca. Quando scrivo: “l’uomo sedette sull’erba”, si capisce, perchè è chiaro e non trattiene l’attenzione. Al contrario è poco comprensibile e un po’ pesante per il cervello se scrivo: “un uomo alto, dal petto incavato, di media statura, con la barbetta rossa sedette sull’erba verde, già calpestata dai passanti, sedette senza far rumore, timidamente, guardandosi attorno con timore”. Questo non entra subito nel cervello, mentre la letteratura deve entrarvi di colpo, in un baleno.

 

Non appesantire la scrittura: elimina quanto più possibile descrizioni inutili, aggettivi e avverbi che rendono le frasi ridondanti. Come dice Cechov, la letteratura deve entrare nel lettore, colpirlo, essere immediata; una scrittura inutilmente lenta vi ostacola.

Metodi routiniers nelle descrizioni in genere: “La mensoletta alla parete faceva macchia con i suoi libri” Nel vostro lavoro i volumi di Puskin “sono scompagnati”, l’edizione della Biblioteca Economica è “pigiata”. A che pro? Voi trattenete e stancate l’attenzione del lettore, costringendolo a soffermarsi a immaginare la variopinta mensoletta o il pigiato Amleto-questo in primo luogo; in secondo luogo tutto ciò non è semplice, è manierato e, come metodo, antiquato. Oggi, soltanto le signore scrivono “il manifesto suonava”, “il viso incorniciato dai capelli”.

 

 

8 – DESCRIZIONI

Le descrizioni della natura devono essere brevi e à propos. I luoghi comuni, quali “il sole al tramonto, immergendosi nelle onde del mare che s’andava oscurando, inondava d’oro purpureo, ecc, ecc.”, “le rondini, volando a pelo d’acqua, garrivano allegramente”, simili luoghi comuni debbono essere lasciati da parte. Nella descrizione della natura bisogna attaccarsi ai piccoli particolari e raggrupparli in modo che il lettore, chiudendo gli occhi, veda il quadro davanti a sé. Darai ad esempio l’impressione d’una notte di luna se scriverai che sull’argine del mulino un coccio di bottiglia scintillava come una vivida stella e l’ombra d’un cane o d’un lupo rotolava a mo’ di palla, e via dicendo. La natura appare animata se non sdegni d’usare confronti fra le sue manifestazioni e le azioni umane.

 

Quando decidi di descrivere qualcosa, non rifugiarti in frasi fatte, le stesse che puoi leggere nelle opere di scrittori che non sanno dire nulla utilizzando le loro parole. La descrizione corretta di una situazione, di un’atmosfera, non riporta esattamente quello che vedi, ma quello che si nasconde dietro a tutto questo.

Anche nel campo della psiche ci vogliono i particolari. Dio ti guardi dai luoghi comuni. Meglio di tutto, non descrivere lo stato d’animo dei personaggi e fare in modo che scaturisca dalle loro azioni…

 

 

9 – EVITA LE VIRGOLETTE

Le virgolette sono usate da due categorie di scrittori: i timidi e gli sprovvisti d’ingegno. I primi si spaventano della loro audacia e originalità, gli altri (come Nefedov e in parte anche Boborykin) quando chiudono una parola fra virgolette vogliono dire con questo: “Guarda, lettore, che parola ardita, originale e nuova ho coniato!

 

10 – SII DISTACCATO EMOTIVAMENTE

Sì, vi dissi una volta che bisogna esser indifferenti quando si scrivono storie patetiche. E voi non m’avete capito. Potete piangere o gemere sopra un racconto, potete soffrire insieme con i vostri personaggi, ma ritengo che bisogna fare in modo che il lettore non se n’accorga. Quanto più sarete obiettiva, tanto più forte sarà l’impressione.

 

Non farti travolgere dalle emozioni della storia, non riusciresti più a scrivere nel modo giusto; fatti coinvolgere, certo, ma non darlo a vedere.

Quanto più la situazione è sentimentale, tanto più freddamente occorre scrivere, e tanto più sentimentale riesce.

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