Nasce oggi, 20 novembre, ma qualche decennio fa (1739 per essere precisi), forse poco noto qui da noi, Jean- François de La Harpe, nome che derivò, così si dice, dalla strada in cui fu trovato da piccolo.

 

Un orfano dunque, di origini nobili (si dice che il padre fosse un generale svizzero caduto in disgrazia, cosa che portò la famiglia nella miseria più nera) accolto dalle Sorelle della Carità, che gli diedero una dimora e la possibilità di studiare e venire a conoscenza di quella che sarebbe diventata la  sua più grande passione, la letteratura.

 

Numerose furono le esperienze che caratterizzarono la sua vita: fu pedagogo dello zar di Russia Paolo I, figlio di Caterina II, scrittore versatile (il panorama della sua produzione è ricco di opere teatrali, poesie, opere di critica letteraria), insegnò letteratura in un noto liceo parigino, fu redattore di un giornale…

 

Una vita ricca di avvenimenti, uno spirito audace, tanto che trascorse mesi in prigione per il suo pensiero fuori dalle righe, anticonformista e anticlericale, critico apprezzato grazie alla monumentale opera ben ragionata in 18 volumi, Cours de littérature ancienne et moderne, che raccoglie le sue lezioni sulla letteratura.

 

Qui vengono affrontati tutti i generi letterari, senza distinzioni, dalle origini fino ai tempi più recenti. La Harpe analizza nei minimi dettagli le opere che incontra lungo questo tragitto letterario, scendendo nei particolari proprio per darne un giudizio il più possibile oggettivo e imparziale.

 

La sua creatività e passione per la scrittura emersero fin dai primi anni di gioventù: vengono alla luce le primissime raccolte di poesie, Les Héroïdes e Poésies fugitives, le quali però non ebbero il successo sperato.

 

La prima di queste, Les Heroides, fu addirittura accusata di anticlericalismo, non solo dal rivoluzionario francese Fréron, ma anche da Voltaire stesso, scatenando aspre polemiche e una forte opposizione alla diffusione della stessa.

 

In generale, purtroppo, la maggior parte delle sue opere non è sopravvissuta fino ai nostri tempi: molte, quasi sconosciute, andarono addirittura perdute (probabilmente per la censura che lo privò della possibilità di pubblicarle).

Le sole che invece ci rimangono sono Warwick e Philoctète, tragedie ispirate a quelle ben più famose di Sofocle.

 

Fu molto legato a Voltaire, il quale lo apprezzava particolarmente per il suo estro, tanto che gli toccò il soprannome di “le singe de Voltaire” (il significato non è dei più simpatici!).

Il rapporto di rispetto fra i due risulta reciproco, tanto che La Harpe scrive Éloge de Voltaire (Elogio a Voltaire), per il quale nel 1779 ottiene il premio di eloquenza all’Académie française.

 

Un’altra opera abbastanza controversa fu quella intitolata Mélanie, ou les Vœux forcés (Melania, o i voti forzati).

Definita da Jacques Truchet come « la plus curieuse de ses pièces et la plus représentative de l’esprit du temps (la più curiosa delle sue rappresentazioni e la più rappresentativa dello spirito del suo tempo)», affronta la tematica principale riguardo i voti forzati, argomento in linea con il suo anticlericalismo, ma ostacolato dalla censura di quel tempo, tanto che fu rappresentata solo dopo la Rivoluzione.

 

Il successo, dopo la rappresentazione di  alcune opere teatrali che non fecero particolare scalpore, arrivò grazie all’insegnamento al Lycée, importante scuola parigina, da cui trasse la raccolta delle lezioni di cui sopra.

 

Il nostro Jean- François rimane dunque più conosciuto grazie alla sua attività di critico e pedagogo, più che come drammaturgo e poeta, nonostante la sua vasta produzione in questo senso.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata