Elio Vittorini è stato uno scrittore e critico letterario italiano, vantando collaborazioni editoriali con i nomi più importanti del settore, come Einaudi e Mondadori.

Elio Vittorini nasce a Siracusa nel 1908 da una famiglia di origini borghesi; trascorre la sua infanzia viaggiando per tutta la Sicilia a causa del lavoro del padre, terra che abbandona definitivamente, dopo aver tentato la fuga di casa quattro volte, nel 1924. Intraprende lo studio della ragioneria, senza però trovare in esso alcuno stimolo particolare.

 

È in ogni uomo di attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza.

 

Lasciata la Sicilia, inizia a lavorare presso un’impresa a Gorizia ricoprendo l’incarico di contabile; successivamente si avvicina al mondo editoriale, intraprendendo la carriera di correttore di bozze presso la “Nazione” a Firenze. Comincia anche a dedicarsi alla sua vera passione, componendo diversi testi, sia articoli che di carattere narrativo; le prime pubblicazioni avvengono sulla rivista “Conquista dello Stato” grazie a Curzio Malaparte.

La sua prima vera opera, “Ritratto di re Gianpiero”, viene pubblicata nel 1927 da La Fiera Letteraria. Continua poi la collaborazione con altre riviste, come ad esempio “Solaria” e “Italia Letteraria”; inoltre pubblica una raccolta di racconti, “Piccola borghesia”, nel 1931 e, a puntate, il romanzo “Il Garofano Rosso”, che verrà pubblicato in volume solo qualche anno dopo a causa della censura fascista.

 

Non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini.

 

Lavora anche come traduttore, riuscendo a regalare alle parole nuova vita, come scrive la moglie Rosa Quasimodo: “Lui, poi, a quelle parole dava forma. Sua era la costruzione, l’invenzione; non si legava a quelle parole fredde. Lui raccomandava sempre a lei di fare la traduzione letterale, precisa, parola per parola, articolo per articolo, frase per frase. E poi lui la trasformava in un romanzo. Erano romanzi suoi che traduceva.”

Questo sarà il lavoro, insieme alla consulenza editoriale, che gli permetterà di sopravvivere, poiché, a causa di un’intossicazione da piombo, fu costretto ad abbandonare l’attività di correttore di bozze. Continuano le sue pubblicazioni, come ad esempio il romanzo “Conversazione in Sicilia”; diventa anche curatore dell’Antologia di scrittori statunitensi “Americana” (è in questa antologia che fa capolino il nome di John Fante), edita da Bompiani, che però verrà pubblicata successivamente, sempre a causa della censura dittatoriale.

 

La gente si allea nelle paure. E tu vedi come i bravi e i giusti siano alleati in una paura intelligente.

 

Nel 1942 Vittorini entra nel Partito Comunista Italiano e partecipa alla Resistenza. Nel frattempo diventa il direttore dell’edizione milanese dell’Unità e fonda la rivista “Il Politecnico”, dove si appella alla cultura affinché liberi l’umanità dalle sue sofferenze. Nel 1945 pubblica il suo capolavoro “Uomini e no”.

 

Un libro non è soltanto “mio” o “tuo”, non rappresenta solo il “mio” contributo alla verità, il “mio” sforzo di ricerca della verità e la “mia” capacità di realizzazione letteraria. Un libro è un riflesso più o meno diretto, e più o meno contorto, più o meno alterato, della verità obbiettiva, e molto in un libro, anche all’insaputa dello scrittore, specie in un libro mancato, può essere verità rimasta grezza.

 

 

 

Inizia la collaborazione anche con Einaudi, per il quale dirige la collana “I Gettoni”, dove lascia grande spazio ad autori giovani come ad esempio Calvino; intanto si allontana sempre più dal Partito Comunista Italiano poiché in esso non trova quella libertà di pensiero da lui perseguita. Inizia a scrivere il romanzo “Le città del mondo”, rimasto incompiuto e che verrà pubblicato postumo nel 1969. Fonda inoltre una nuova rivista, “Il Menabò”, che dirige insieme ad Italo Calvino.

Continua a partecipare attivamente alla vita politica del paese, diventando addirittura presidente del Partito Radicale; fino alla fine decide di collaborare come consulente editoriale per Einaudi e Mondadori, nonostante il cancro allo stomaco, che lo colpì duramente fino a condurlo alla morte nel 1966 a Milano.

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