[tratto da Psicopatologia della vita quotidiana]

Uno dei tratti più salienti e più noti del comportamento dei paranoici è che essi attribuiscono un’importanza enorme ai particolari più insignificanti del comportamento altrui, quelli che generalmente sfuggono alle persone normali. Essi interpretano a modo loro questi dettagli e ne traggono le conclusioni più impensate. Ad esempio, l’ultimo paranoico che ho esaminato ha dedotto l’esistenza di un complotto di tutto il suo ambiente dal fatto che al momento della sua partenza alcune persone alla stazione hanno fatto un certo gesto con la mano. Un altro ha notato il modo di camminare della gente per strada, di quelli che fanno roteare il bastone, ecc.

Mentre l’uomo normale ammette l’esistenza di una categoria di atti accidentali che non hanno bisogno di motivazione, categoria nella quale egli inserisce una parte delle proprie manifestazioni psichiche ed atti mancati, il paranoico esclude ogni elemento causale nelle manifestazioni psichiche altrui. Tutto ciò che egli osserva negli altri è perciò suscettibile di interpretazione. Che origine possiamo attribuire a questo suo atteggiamento? Qui, come in molti altri casi analoghi, egli proietta probabilmente nella vita psichica altrui la sua vita inconscia.

Nella coscienza del paranoico si affollano tante cose che nell’uomo normale e nel nevrotico esistono allo stato inconscio, dove la loro presenza è rivelata dalla psicoanalisi. Su questo punto il paranoico ha, in un certo senso, ragione: egli vede qualcosa che sfugge all’uomo normale, la sua visione è più penetrante di quella del pensiero normale, ma ciò che toglie ogni valore alla sua conoscenza è il fatto che egli estende agli altri uno stato di cose che è reale soltanto per quello che lo riguarda.

Spero che non ci si aspetti da me una spiegazione di questa o quella interpretazione paranoica. Ma pur ammettendo, entro certi limiti, la legittimità di una simile concezione degli atti mancati, rendiamo più facilmente comprensibile la convinzione che, nel paranoico, si riallaccia a tutte queste interpretazioni. C’è qualcosa di vero in tutto ciò, ed è così che i nostri errori di giudizio, anche se non sono patologici, acquistano ai nostri occhi una certezza per noi assoluta. Questo sentimento è giustificato per una certa posizione del ragionamento erroneo o per la fonte dalla quale proviene, e viene poi esteso da noi a tutte le altre cose che vi si connettono.

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