Hermann Hesse è stato uno scrittore, poeta, filosofo e pittore di origini tedesche, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1946, interessato a esistenzialismo e spiritualismo, autore di una produzione immensa di poesie, racconti e romanzi.

 

Senza le parole, senza la scrittura e senza il libri non ci sarebbe la storia, non potrebbe esserci alcuna nozione di umanità.

 

Hermann Hesse nasce nel 1877 in Germania, figlio di pietisti: suo padre era stato missionario e, insieme alla madre di Hermann, gestiva la casa editrice pietista Calwer Verlagsverein; l’educazione fu dunque rigida e indirizzata alla teologia: il giovane provò a ribellarsi a tutto ciò, culminando con un tentativo di suicidio; fu quindi rinchiuso in un istituto per ragazzi mentalmente disagiati per alcuni mesi, fino a quando la famiglia non lo riportò al paese nativo, Calw.

 

Non sapevo niente di ieri né di domani, ero avvolto e soavemente lambito da un felice oggi.

 

Il biennio successivo trascorse serenamente: aiutava i genitori alla casa editrice, fece un apprendistato in una libreria, iniziò a comporre le sue prime opere. È grazie al trasferimento a Tubinga che viene lasciato libero dalla famiglia di intraprendere la carriera di scrittore: pubblica infatti “Canti Romantici” e “Un’ora dopo mezzanotte”. Continua poi a lavorare a stretto contatto col mondo letterario e, grazie ai viaggi in Italia, pubblica “Italia”, una raccolta di poesie e saggi dedicata alla nostra terra. Il successo arriva grazie al romanzo “Peter Camenzind”, edito nel 1904.

 

Tutti i libri del mondo non ti danno la felicità, però in segreto ti rinviano a te stesso. Lì c’è tutto ciò di cui hai bisogno, sole stelle luna. Perché la luce che cercavi vive dentro di te.

 

Diventa editore della rivista März, incentrata su tematiche culturali e politiche; continua a scrivere e vince numerosi premi, tuttavia, a causa del matrimonio infelice con Maria, dalla quale si separerà qualche tempo dopo, decide di intraprendere un viaggio verso l’India alla ricerca della serenità, destinazione a cui non giungerà mai per mancanza di denaro.

 

Ciò che conta è tutto dentro di noi. Da fuori nessuno ci può aiutare. Non essere in guerra con se stessi, vivere d’amore e d’accordo con se stessi: allora tutto diventa possibile. Non solo camminare su una fune, ma anche volare.

 

La crisi interiore di Hesse lo portò a scrivere opere come “Demian” e “L’ultima estate di Klingsor”, ma poiché il disagio non passava, nonostante l’elettroshock a cui venne sottoposto in un’altra clinica di Lucerna, iniziò una terapia psicoanalitica con Jung stesso. Nel 1922 pubblica “Siddhartha”, opera importante e risultato del suo contatto con buddhismo e induismo.

 

La maggior parte degli uomini sono come una foglia secca, che si libra nell’aria e scende ondeggiando al suolo. Ma altri pochi sono, come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non c’è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.

 

La sua crisi depressiva viene riportata in uno dei suoi scritti più famosi, “Il lupo della steppa”. Per tentare una via di fuga, decide di iniziare a frequentare i luoghi più conosciuti di Zurigo e Berna, come sale da ballo e taverne. Comincia anche a comporre il suo ultimo capolavoro, “Il giuoco delle perle di vetro”.

 

Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei stato sempre per me, come hai arricchito la mia vita. […] Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l’albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.

 

Gli ultimi anni della sua vita lo videro estraniarsi sempre più dalla vita sociale: trascorreva le sue giornate scrivendo, leggendo e dipingendo. Nel 1946 ricevette il Premio Nobel per la letteratura.

 

“Per la sua scrittura ispirata che nel crescere in audacia e penetrazione esemplifica gli ideali umanitari classici, e per l’alta qualità dello stile.”

 

Gli attacchi depressivi proseguono e la salute diventa sempre più instabile, fino alla scoperta della leucemia; riuscì comunque a sopravvivere per qualche tempo, fino a quando un’emorragia cerebrale lo portò via nel 1962.

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