Poeta romano, il più importante esponente dei neoteroi (i poeti nuovi), coloro che si ispirarono alla poesia di Callimaco preferendo composizioni brevi, erudite e di carattere quotidiano (non più lunghi poemi narranti le gesta eroiche), oggi ricordiamo Catullo grazie al suo liber e i suoi carmi d’amore.

Gaio Valerio Catullo nacque nell’84 a.C. da una famiglia agiata; ben presto si trasferì a Roma e iniziò a frequentare gli ambienti politici e intellettuali, vivendo a stretto contatto con le personalità più importanti del periodo. È qui che fonda, con alcuni amici, un circolo privato dove condividere la passione letteraria.

Contemporaneamente si innamora di Clodia, con la quale porterà avanti una storia abbastanza travagliata: è lei che verrà cantata nelle sue poesie più celebri, celata dalla pseudonimo di Lesbia. Ella, che probabilmente fu amante di molti uomini, tra i quali Pompeo e Cesare, è bella e intelligente, colta, ma anche spregiudicata, come afferma Catullo.

Misero Catullo, smetti di impazzire,

e ciò che vedi esser perso consideralo perduto.

Un tempo ti rifulsero candidi soli,

quando vagavi dove guidava una ragazza

da noi amata quanto nessuna sarà amata.

Lì, quando si compivan quei tanti giochi,

che tu volevi nè lei non voleva,

davvero ti rifulsero candidi soli.

Ora lei non vuol più: tu pure impotente non volere,

non inseguire chi fugge, non viver misero,

ma sopporta con mente ostinata, resisti.

Addio ragazza, ormai Catullo resiste,

non ti cercherà né, restia, ti pregherà.

Ma tu soffrirai, quando senza valore sarai pregata.

Malvagia, guai a te, che vita ti rimane?

Chi ora ti avvicinerà? A chi sembrerai carina?

Chi ora amerai? Di chi dirai di essere?

Chi bacerai? A chi morderai la boccuccia?

Ma tu, Catullo, ostinato resisti.

Il giovane poeta passa gran parte del suo tempo viaggiando tra Roma e Sirmione, dove si trovava la villa del padre, luogo di pace e ristoro dai travagli amorosi vissuti nella grande città, fonte di sofferenze e ira. Inoltre non si dedicò mai all’attività politica, molto lontana dai suoi ideali di vita: la sua poesia, infatti, era composta per celebrare fatti quotidiani e leggeri, ben diversi dai carmi politici di molti altri letterati dell’epoca.

Il suo liber raccoglie tutti i carmi da lui composti, per un totale di 116 carmi: da lui pensato come un corpus unico, venne successivamente divido in tre parti in relazione ai metri utilizzati dal poeta (“nugae”, cioè sciocchezze, i carmi polimetri, soprattutto trimetri giambici; i carmina docta, di carattere erudito, erano composti da esametri; e, infine, gli epigrammi, in distici elegiaci).

La sua opera è erudita e curata, lui stesso la definisce “levigata”; emergono sentimenti e ricordi del poeta, tesi ad evocare le stesse emozioni nei lettori, le vicende sono totalmente distaccate dagli eventi politici contestuali e narrano di vicende di carattere disimpegnato.

Delle penisole, Sirmione, e delle isole

pupilla, tutte quelle che il duplice Nettuno

porta nei limpidi stagni ed il vasto mare,

quanto volentieri ti rivedo e quanto felice,

a stento io stesso credendomi di aver lasciato la Tinia

ed i Bitini e vedere te al sicuro.

Oh cosa c’è di più felice degli affanni dissipati,

quando il cuore ripone il peso e stanchi per la fatica

straniera e giungiamo al nostro focolare,

e riposiamo nel letto sognato?

Questa è quella cosa unica per tante fatiche.

Salve, graziosa Sirmione, e gioisci del padrone

gioioso e voi, o lidie onde del lago,

ridete di tutte le risate di casa.

Catullo trascorse gli ultimi anni della sua vita a Sirmione, fu probabilmente colpito da una misteriosa malattia e morì nel 54 a.C., a soli trent’anni.

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