Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori

lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all’Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti

alpestri, che sapor d’acqua nafia

rimanga ne’ cuori esuli a conforto

che lungo illuda la lor sete in via.

Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,

quasi per un erbal fiume silente

su le vestigia degli antichi padri.

O voce di colui che primamente

conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina

la greggia. Senza mutamento è l’aria.

Il sole imbionda sì la viva lana

che quasi dalla sabbia non divaria.

Isciaquìo, calpestìo, dolci rumori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?

~

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