Chi non ha letto almeno una volta nella sua vita le dolci poesie di Emily Dickinson?

Emily Elizabeth Dickinson, poetessa statunitense, nasce nel 1830 da una famiglia puritana, molto conosciuta per l’aiuto rivolto agli istituti scolastici della zona: il nonno, infatti, aveva fondato l’Amherst College, di cui il padre era tesoriere e legale. I suoi studi non sono regolari: ben presto decide di allontanarsi dal Collegio Femminile frequentato; scopre la sua passione per la poesia molto presto e decise di diventare una poetessa ispirandosi all’episodio biblico della lotta di Giacobbe con l’angelo.

La sua vita si svolge prevalentemente nella casa materna: scarsi sono i viaggi e le visite ai parenti, senza contare che Emily era terrorizzata dall’idea della morte, tema che spesso ricorre nei suoi testi, motivo per il quale spesso preferiva rimanere avvolta nella sicurezza delle proprie mura, nonostante il suo amore per la natura (bene espresso nelle poesie). Molti testi sono dedicati all’uomo che amò di un amore platonico; Emily Dickinson affronta però anche temi più impegnati, come ad esempio quello della Guerra di secessione americana.

Ho vissuto di paure.
Per coloro che conoscono l’invito
offerto dal pericolo – ogni altro stimolo
è indifferente – senza vita.

Come uno sprone nell’anima –
la paura lo spingerà dove
procedere senza uno spettro al fianco
sarebbe sfida alla disperazione.

Lo stile delle sue opere è unico, le rime sono irregolari e le metafore forti e decise, le maiuscole vengono utilizzate in modo originale e le digressioni arricchiscono i testi, caratterizzando la poesia di una delle autrici più riconosciute in tutto il mondo. Non venne apprezzata mentre fu in vita proprio perché la sua scrittura, semplice e senza fronzoli, non rispondeva a quelli che erano i gusti più raffinati del periodo.

 

Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi

Non avrò vissuto invano

Se potrò alleviare il Dolore di una Vita

O lenire una Pena

O aiutare un Pettirosso caduto

A rientrare nel suo nido

Non avrò vissuto invano.

È dopo il viaggio a Washington che Emily decide di segregarsi nella sua camera, probabilmente afflitta da disturbi di carattere nervoso, che minarono ancor di più la sua indole sensibile, e da una malattia agli occhi. L’unica via verso la felicità, secondo Emily Dickinson, era la fantasia e il rapporto che poteva creare con se stessa.

Solo alla sua morte, in giovane età (55 anni), la sorella Vinnie rinviene nella stanza moltissimi foglietti, piegati e cuciti, memori degli scritti di Emily. Prima di allora avevano visto la luce solo sette delle sue composizioni. Vinnie e Mabel Loomis Todd riescono a pubblicare la prima raccolta di poesie della scomparsa Dickinson, primo libro di una lunga serie.

Solo oggi Emily Dickinson ottiene il meritato apprezzamento da parte di lettori e critica, che l’annovera tra le poetesse più importanti mai esistite.

Una parola muore

Quando è detta

Dice qualcuno –

Io dico che proprio

Quel giorno

Comincia a vivere.

 

 

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