Storia di una regione in cui cadde anche la cultura.

Il 10 giugno del 1940 l’Italia fascista entrava in guerra. […] La guerra inghiottì, insieme alle nostre forze armate, rivelatesi del tutto impreparate per armamento, equipaggiamento e dottrina militare, l’intero tessuto sociale italiano.

 

E’ questa l’introduzione al saggio dello scrittore Giuseppe Russo, da sempre studioso di storia, che ha deciso di regalarci uno scorcio un po’ diverso dal solito: la storia, ma narrata dal punto di vista di quelli che sono i “caduti di pietra”, ovvero tutti quei beni culturali che sono stati perduti durante le operazioni belliche, vittime, non meno reali, del conflitto.

“Per questo motivo, e con la speranza di recuperare l’interesse di tutti i potenziali lettori, ho deciso di analizzare e diffondere un aspetto poco considerato del terribile periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale: i beni culturali. Essi esprimono il potenziale e l’ingegno umano, ci ricordano le basi morali della nostra tradizione, e sono i veri elementi caratterizzanti del nostro essere cittadini italiani nelle pur varie espressioni territoriali locali. Durante la guerra, oltre ai dolorosissimi eccidi e alle perdite umane tra militari e civili, furono letteralmente cancellate numerose opere del genio umano. Tele, affreschi, statue, portoni, monumenti, palazzi storici, piazze, chiese, madonne, ponti, pezzi della nostra eredità distrutti o danneggiati per sempre. […] Una storia che parli di noi stessi attraverso i nostri luoghi, i nostri affetti materiali, attraverso quei momenti di vita che viviamo, spesso inconsapevolmente, tra i monumenti che altri Paesi ci invidiano costantemente.”

Si parla dunque di opere d’arte, costruzioni architettoniche, tele, statue, chiese, palazzi… tutto ciò che può essere considerato “opera dell’ingegno umano”, tutto ciò che racchiude un valore inestimabile composto da senso artistico, gusto e sentimento; opere che certamente sono state ricostruite, in parte, in epoca moderna, ma ciò che ci rimane è un surrogato, un’immagine lontana e illusoria di ciò che abbiamo realmente perduto.

La narrazione si concentra su una regione italiana in particolare, la Campania: la sola città di Napoli, considerata un polo strategico da distruggere, subì oltre 200 attacchi aerei e collezionò immani tragedie, morte e distruzione. Questo è il primo capitolo della trilogia, che proseguirà con un nuova pubblicazione a fine ottobre (La guerra dimenticata), e verrà completata da un terzo testo, entro fine 2017, il quale si concentrerà sulle deturpazioni subite dall’intero territorio nazionale. Il progetto vuole dunque dare un ritratto complessivo della tragedia che colpì la nostra penisola.

Furti, vandalismi, ritorsioni, e atti di gratuita incuria furono regalati a tutta la nostra cultura, e caddero anche le pietre angolari della nostra storia.

Le tappe del conflitto vengono ripercorse a partire dalle radici in cui iniziò a covare il sentimento di rivalsa fino ai tragici rivolgimenti della fine della seconda guerra mondiale: il malessere sociale profondamente attecchito nell’animo di tutti portò alla nascita dei movimenti radicali che promettevano di riportare quell’ordine presente prima della prima grande guerra. Risentimento e incapacità della vecchia élite di riprendere il controllo del Paese furono gli ingredienti che portarono all’ascesa di quelle nuove forze politiche in grado di sconvolgere il delicato equilibrio delle nazioni.

Non fu particolarmente difficile conquistare animo e cuore dei cittadini disillusi e speranzosi di poter rivivere con dignità un passato grandioso; strumento privilegiato furono le scuole, “intonate a quelle che sono le esigenze spirituali, militari ed economiche del Regime”. E per rivivere appieno questo sentimento di grandezza e grandiosità, in primo piano vennero posti i beni culturali, simbolo concreto di ciò che la nostra civiltà era stata in grado di raggiungere.

Il patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale doveva essere il centro intorno a cui costruire e raccogliere l’identità e l’unità del popolo.

 

Ed ecco che entrarono in gioco leggi e provvedimenti tesi a tutelare tutto questo: per lo meno i sistemi di difesa previsti risultarono tendenzialmente utili, riducendo quelli che furono gli effetti terribili e disastrosi di attacchi e bombardamenti. Attacchi che, come ci ricorda Giuseppe Russo, non furono inferti solo dalle forze degli alleati, ma anche dalle ritorsioni da parte dei tedeschi e dall’occupazione successiva.

Tutto fu freddamente pianificato proprio per devastare il territorio. Gli Alleati lo fecero per velocizzare il crollo del fascismo e ricacciare il nemico tedesco dalla penisola, occupando e vandalizzando i nostri beni culturali da padroni vincitori; i tedeschi lo fecero per arrecare danno alla storia, alla dignità e al tessuto socioeconomico della regione che rappresentava il tradimento infame degli italiani.

 

Questo libro ha dunque l’obiettivo principale di non accettare l’oblio storico che ci avvolge: e per non cadere in questa trappola del tempo, Giuseppe Russo sceglie un modo del tutto nuovo di raccontarci una parte di noi, dando un taglio diretto e coinvolgente alle pagine del nostro passato, dipingendo in modo chiaro e preciso gli avvenimenti e ripercorrendo via via le tappe dell’abisso in cui venne risucchiato il mondo intero.

 

[…] Un bene da tutelare e tramandare ai posteri per non cancellare ciò che ci rende realmente essere umani: la nostra storia.

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