Il dolore, dunque, e tutto quanto il dolore mi insegna, è il mio nuovo mondo. Ero abituato a vivere solo per il mio piacere. Scansavo ogni dolore, ogni sofferenza. E li odiavo entrambi. Ero risoluto a ignorarli il più possibile; a trattarli, vale a dire, come forme imperfette. Non facevano parte del mio schema di vita, né trovavano posto nella mia filosofia. Mia madre, che conosceva la vita nella sua complessità, spesso mi citava i versi di Goethe, scritti da Carlyle come dedica a un libro che egli le aveva donato anni prima, e da lui stesso tradotti, suppongo:

Chi mai mangiò il pane nel dolore,

chi mai passò le ore fonde della notta

piangendo nell’attesa del mattino,

nulla di Voi sa, Forze celesti.

 

Erano i versi che la nobile Regina di Prussia, trattata con tanta rozzezza e brutalità da Napoleone, era solita citare nei giorni dell’umiliazione e dell’esilio; erano i versi che mia madre spesso citò negli tormentati anni della sua esistenza. Io mi rifiutavo assolutamente di accettare, di ammettere l’enorme verità che essi racchiudevano. Non riuscivo a capirla.

Mi ricordo come le ripetevo di non avere nessuna intenzione di mangiare il mio pane nel dolore o di passare la notte piangendo in attesa di un’alba ancora più amara. Ignoravo che fosse una di quelle cose tutte speciali che il Fato mi avrebbe riservato; anzi, che per un anno intero della mia esistenza, poc’altro avrei fatto. La mia parte, infatti, così mi era stata assegnata; e durante gli ultimi mesi, dopo lotte e difficoltà indicibili, sono stato in grado di giungere a qualcuno degli insegnamenti che il dolore racchiude nel cuore.

[…]

Ora capisco che il dolore, essendo la suprema emozione di cui l’uomo sia capace, sia insieme archetipo e paragone di tutta la grande arte. Ciò che l’artista ricerca eternamente è quel modo d’esistenza in cui l’anima e il corpo siano una cosa sola, indivisibile; in cui l’esteriore sia espressione dell’interiore; in cui la forma si manifesti.

Di tali modi d’esistenza ne esistono alcuni: la giovinezza e le arti che alla giovinezza fanno riferimento possono servirci da modello in un dato momento; in un altro, ci può far piacere pensare che, nella sua sottigliezza e sensibilità d’impressione, nel suo suggerimento di uno spirito che dimora nelle cose esterne e s’abbiglia di terra e di aria, di nebbia e di città insieme, nella morbosa omogeneità delle sue forme, toni e colori, l’arte del paesaggio moderno realizzi per noi pittoricamente quello che un tempo fu realizzato con tale perfezione plastica dai Greci.

La musica, in cui tutto il soggetto è assorbito dall’espressione e non può esserne scisso, è un esempio complesso, e un fiore o un bimbo è un esempio semplice di quanto intendo dire: ma il dolore dà l’impronta definitiva nella vita e nell’arte.

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