Autobiografo di se stesso, Ottiero Ottieri, sociologo, giornalista, studioso e scrittore italiano, in questo modo descrive la sua persona:

Dal fascismo adolescenziale all’antifascismo il più accanito, dall’industria e dall’osservazione complice dell’esperienza operaia, al set, al jet set, alla clinica e all’amore. Voleva essere un sindacalista playboy. Sull’industria il libro più noto è Donnarumma all’assalto. Sul set L’impagliatore di sedie, sul jet set I divini mondani, sulla malattia morale L’irrealtà quotidiana e in versi, o meglio in cadenze, La corda corta. Sull’amore, I due amori e Vi amo. È un bipolare, vale a dire che dalla sua depressione zampillano euforie pericolose, perché scavano la fossa alla prossima, dolorisissima caduta. È un bipolare secondo Cassano, ossessivo e compulsivo. Secondo lo psicoanalista Zapparoli, non tollera il piacere, ha bisogno della continuità della sofferenza. Non può scrivere, vivere se non si intossica: alcol, sigarette, tè forte, caffè. Esistenza malsana. Il suo pancreas comincia a risentirne. Che muoia presto? Sotto l’ansia permanente saltano le valvole della macchina meravigliosa. Lei ha un terrore della morte, direbbe Zapparoli, a Milano. Le allungo una buona vita, dice, a Pisa, Cassano.”

Ottiero Ottieri nasce a Roma; inizia a scrivere fin da giovanissimo, all’età di quattordici anni, descrivendo i paesaggi dolomitici da lui amati; corona la sua carriera scolastica laureandosi a soli 21 anni in Lettere, ma, essendo un amante dello studio, intraprende un corso in letteratura inglese;

Nel frattempo iniziano le numerose collaborazioni con riviste e quotidiani, fino a quando nel 1947 non riesce ad ottenere il Premio Mercurio grazie ad un suo racconto intitolato “L’isola”; purtroppo Roma non gli regala le soddisfazioni sperate, dunque decide di spostarsi in un’altra metropoli, Milano, la città del lavoro per antonomasia.

Ho lasciato la letteratura, la casa agiata dei miei, la nevrosi di figlio unico […] Solo, appoggiato con la testa sul tavolino dello scompartimento, dalla stazione scendo su una Milano nera dentro una malinconia nera […] Sono un intellettuale di sinistra, sono venuto per esserlo, come uno va a frequentare una scuola in un’altra città… Roma è il mio essere, Milano il mio dover essere.

Subito trova lavoro alla Mondadori, collaborando come assistente di Guido Lopez, nell’ufficio stampa; continua a collaborare anche con alcune riviste, fino a quando arriverà a dirigere la rivista scientifica “La Scienza Illustrata”. Intanto conosce e sposa Silvana Mauri, nipote di Bompiani.

Il suo primo romanzo, “Memorie dell’incoscienza”, viene pubblicato nel 1954: il libro narra di vicende giovanili, tra illusioni politiche in un piccolo paese toscano, descrivendo un fascismo vissuto con estrema incoscienza e privato di qualsiasi oggettività. Successivamente viene assunto all’Olivetti come selezionatore del personale, ma abbandona l’incarico perché colpito da meningite; ripresosi definitivamente, viene richiamato al lavoro, questa volta nella fabbrica di Pozzuoli, dove si trasferisce con tutta la famiglia.

Qui dà alla luce il secondo romanzo, “Tempi stretti”, dove descrive il mondo della fabbrica da lui vissuto così bene, in un’epoca travagliata dove gli scontri rimangono all’ordine del giorno; le critiche non sono positive: Calvino afferma che il libro manca di “bellezza lirica”, mentre secondo Vittorini le immagini evocate dalle pagine non sono realisticamente documentate.

Un altro libro, il suo più celebre, ispirato al lavoro in fabbrica è “Donnarumma all’assalto”: esso narra di un disoccupato disposto a fare di tutto pur di venire assunto. Nel romanzo ritroviamo numerosi spunti di carattere sociologico, oltre che episodi strettamente biografici; il libro avrà un enorme successo, e questo lo spingerà a rifiutare la proposta di rimanere in fabbrica come direttore del personale.

Tornato a Milano, seguiranno altre collaborazioni e pubblicazioni: di grande interesse sono alcuni pezzi tratti da un diario da lui personalmente scritto durante l’esperienza industriale (l’intero diario verrà pubblicato in seguito da Bompiani col titolo “La linea gotica”); questo lavoro lo coronerà primo esponente della letteratura industriale, ispirata cioè a quei contesti lavorativi, descritti con partecipazione solidale.

Una nuova avventura lo attende: a Roma scopre il cinema e questo nuovo modo di raccontare le storie, ne rimane affascinato e decide di dedicarvisi totalmente. Lavora dunque ad alcune sceneggiature, come ad esempio “L’impagliatore di sedie”.

Ottiero Ottieri muore a 78 anni, a causa di un attacco cardiaco, nella sua casa a Milano nel 2002.

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