LEONARDO SCIASCIA Leggere - Facile Agosto 5, 2016 Autori Scrittore, giornalista, insegnante, poeta, politico… Figura anticonformista del Novecento, capace di cogliere le contraddizioni della sua terra, la Sicilia, e raffigurarle in un dipinto realistico e sconcertante, dando al senso di giustizia un tono lucido e pessimistico, deluso dal mondo, ma sempre convinto della forza insita nella ragione umana. Sciascia nasca in provincia di Agrigento nel 1921, figlio di un impiegato e di una casalinga, primogenito di tre fratelli; fin da giovane viene a contatto con personalità eccezionali, quali Vitaliano Brancati, suo insegnante e futuro modello, guida verso le letture di autori che segneranno il percorso formativo dello scrittore. Conseguito il diploma, inizia a lavorare al Consorzio Agrario, occupandosi dell’ammasso del grano del suo paese, Racalmuto; in questo periodo conosce e sposa la madre delle sue due figlie. La sua prima pubblicazione risale al 1950: si tratta di una raccolta di testi poetici, simili alle favole di Esopo, con protagonisti animali e ricche di insegnamenti morali, intitolata “Favole della dittatura”, che vengono apprezzate e recensite da Pasolini. Si dedica anche alla poesia: le composizione sono racchiuse nel libro “La Sicilia”, corredata di illustrazioni a cura di Emilio Greco. Non mancano neppure saggi, uno dei quali viene dedicato a Pirandello, lavoro grazie al quale si aggiudica il premio Pirandello nel 1953. I riconoscimenti dunque non stentano ad arrivare. “Ti accludo uno scritto d’un maestro elementare di Racalmuto (Agrigento) che mi sembra molto impressionante.” (Italo Calvino) Nonostante il successo, continua ad insegnare alle elementari, esperienza narrata nella biografia “Le parrocchie di Regalpetra”. Prosegue anche con l’attività di scrittore: tre sono i racconti che compongono “Gli zii di Sicilia”: il primo si intitola “La zia d’America” e vuole dissacrare il mito dello zio Sam; il successivo, “La morte di Stalin”, racconta del movimento comunista; l’ultimo, invece, “Il quarantotto”, sarà un resoconto dell’unificazione del Regno d’Italia dal punto di vista di un siciliano. Solo in un secondo momento aggiungerà un quarto testo, “L’antimonio”, storia di un minatore che parte come volontario per combattere nella guerra civile in Spagna. La realtà non sempre è osservabile in maniera obiettiva, e spesso è un insieme inestricabile di verità e menzogna. Uno dei suoi romanzi più famosi è “Il giorno della civetta”, giallo che mette in luce il meccanismo con cui opera il sistema mafioso. “Quando uno ha difficoltà a trovare un titolo può aprire a caso o la Bibbia o Shakespeare, e lo trova. Io ho fatto l’operazione con Shakespeare ed è venuta fuori questa frase: come la civetta quando il giorno compare.” Altro romanzo che segue la stessa struttura del primo giallo è “A ciascuno il suo”, che racconta della vicenda di un professore liceale che, per curiosità, inizia ad indagare sulla morte del farmacista del paese, scontrandosi con l’omertà dei compaesani. “Questa è una forma di pessimismo. Il giallo si segue con interesse perché si vuole sapere come va a finire. Nei gialli – diciamo così – che scrivo io non si va a finire.” Si dedica anche alla politica: nel 1975, infatti, si candida nelle liste del PCI, ottenendo la carica di consigliere del PCI, da cui però si dimetterà un paio di anni dopo. Prosegue con la sua carriera nel Parlamento europeo, dove rimane solo due mesi. Nel 1987 cura una mostra nella città di Torino, intitolata “Ignoto a me stesso”; vennero esposte quasi 200 fotografie scelte da Sciascia stesso, rappresentanti ritratti di scrittori famosi, da Edgar Allan Poe a Gorkij a Jorge Luis Borges. Il catalogo viene stampato da Bompiani e, oltre a comprendere il saggio di Sciascia “Il ritratto fotografico come entelechia”, contiene 163 ritratti e altrettante citazioni dei relativi scrittori. “Non bisogna imparare a scrivere ma a vedere. Scrivere è una conseguenza.” (Antoine de Saint-Exupéry) Negli ultimi anni di vita gli viene diagnosticato il mieloma multiplo, ma, nonostante i frequenti spostamenti a Milano per sottoporsi alle cure, egli continua comunque la sua attività di scrittore. Le ultime opere scritte sono “Alfabeto pirandelliano”, “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)” e “Fatti diversi di storia letteraria e civile”. Muore a Palermo a causa di alcune complicazioni della malattia nel 1989. Nella sua bara viene fatto sistemare un crocifisso in argento, nonostante egli non fosse un credente. “Mi guidano la ragione, l’illuministico sentire dell’intelligenza, l’umano e cristiano sentimento della vita, la ricerca della verità e la lotta alle ingiustizie, alle imposture e alle mistificazioni.” Scrivi Cancella commentoLa tua email non sarà pubblicataCommentaNome* Email* Sito Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento. Hai disabilitato Javascript. Per poter postare commenti, assicurati di avere Javascript abilitato e i cookies abilitati, poi ricarica la pagina. Clicca qui per istruzioni su come abilitare Javascript nel tuo browser.