Cesare Beccaria, nonno di Alessandro Manzoni, è stato un filosofo e letterato italiano, oltre che giurista ed economista, uno dei più importanti esponenti dell’illuminismo.

 

Il miglior metodo per la lettura dei libri è quello di seguir la legge del piacere…

 

Beccaria nasce a Milano nel 1738; dopo aver ricevuto una prima educazione da parte dei gesuiti, consegue la laurea in giurisprudenza. Contro la volontà paterna, sposa Teresa Blasco, motivo per cui viene allontanato dalla casa familiare; verrà quindi ospitato da Pietro Verri, di cui frequenterà il cenacolo e ove collaborerà per la rivista politco-letteraria “Caffè”. Il matrimonio non durerà molto a causa della prematura morte della moglie.

 

Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa.

 

È grazie alla lettura di opere quali “Lettere persiane” di Montesquieu o “Contratto sociale” di Rousseau che in Beccaria nasce l’entusiasmo per le questioni sociali e filosofiche, passione che lo farà avvicinare al movimento illuminista italiano.

 

Il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione.

 

La sua opera più importante, considerata ad oggi un caposaldo del diritto penale, è “Dei delitti e delle pene”, pubblicata nel 1764, uno scritto in cui Beccaria, basandosi sui principi della ragione, si schiera contro la tortura e la pena di morte; nonostante il notevole successo, il testo suscitò un acceso dibattito e, alla fine, venne inserito tra i libri proibiti.

 

Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile. Il fine non è altro che d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali.

 

Dopo un breve viaggio a Parigi insieme ad Alessandro Verri, durante il quale conobbe diversi filosofi ed intellettuali francesi, rientrò a Milano, non essendo particolarmente incline alla vita sociale. Qui intraprese la carriera dell’insegnamento ottenendo la cattedra di Scienze Camerali nelle scuole palatine di Milano.

 

Quell’uomo è di maggior genio che può avere un maggior numero di idee semplici presenti alla mente e distribuire sopra un maggior numero il suo interesse.

 

Intraprese la stesura di un’opera grandiosa incentrata sulla convivenza umana, ma non venne mai portata a termine. Qualche tempo dopo iniziò a collaborare con l’amministrazione austriaca e il suo apporto fu fondamentale per le riforme asburgiche sotto Maria Teresa e Giuseppe II, in particolare quella riguardante le misure dello stato milanese.

Beccaria morì a Milano, colpito da ictus, nel 1794.

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