Alberto Moravia, il cui vero nome è Alberto Pincherle, è stato uno scrittore e giornalista italiano del XX secolo, noto per il suo romanzo più importante, “Gli indifferenti”.

Alberto Moravia nasce a Roma nel 1907 in una famiglia borghese. Purtroppo il suo percorso di studi si interrompe a causa di una grave forma di tubercolosi che lo colpisce all’età di nove anni, costringendolo ad un periodo forzato a letto. È in questa occasione che si appassiona alla lettura e alla scrittura, iniziando a comporre i suoi primi versi.

Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altre simili cause.

Lasciato l’ospedale, inizia a collaborare con la rivista “Novecento”, dove pubblica alcuni racconti, e a scrivere l’opera che avrà in assoluto più successo, “Gli indifferenti”, storia di persone vinte dalla vita, accolto fin da subito con entusiasmo da parte della critica.

Continua poi a collaborare con altre riviste, come “Oggi” e “La Stampa”, ma il regime fascista censura la sua opera. Per ovviare al problema, inizia a scrivere racconti allegorici, ma nonostante ciò rimane bersaglio della dittatura, così da essere costretto a pubblicare sotto pseudonimo.

Che altro poteva essere infatti la verità se non qualche cosa a tutti evidente, da tutti creduta e ritenuta inoppugnabile. Così la catena era ininterrotta, con tutti gli anelli ben saldati dalla sua simpatia, anteriore ad ogni riflessione, alla consapevolezza che questa simpatia era condivisa da altri milioni di persone nella stessa maniera; da questa consapevolezza alla convinzione di essere nel vero; dalla convinzione di essere nel vero all’azione. Perché, come pensò ancora, il possesso della verità non soltanto permetteva l’azione ma anche l’imponeva. Come una conferma da fornire a se stesso e agli altri della propria normalità che tale non era se non veniva, appunto, approfondita, ribadita e dimostrata continuamente.

Nel frattempo contrae le nozze con la scrittrice Elsa Morante, dalla quale si separa qualche anno dopo. Solo con l’annuncio della liberazione può tornare ad occuparsi liberamente delle sue collaborazioni letterarie; da questo momento in poi Moravia otterrà sempre più riconoscimenti e successi, anche in ambito cinematografico.

Una delle ultime opere fondamentali della sua produzione è senza dubbio “La romana”, che suscita reazioni positive, venendo considerato uno dei migliore testi dell’ultima narrativa. I suoi romanzi vengono poi tradotti all’estero, e Moravia vince l’ambito Premio Strega nel 1952. Altre opere da ricordare sono “La ciociara”, da cui Vittorio De Sica realizzerà l’omonimo film, e “La noia”.

Si sentiva soffocare; guardò Lisa, pareva contenta: “Come vivi?” avrebbe voluto gridarle: “sinceramente? con fede? dimmi come riesci a vivere.” I suoi pensieri erano confusi, contraddittori: “E ancora” pensava con un brusco, disperato ritorno alla realtà, “forse questo dipende soltanto dai miei nervi scossi… forse non è che una questione di denaro o di tempo o di circostanze.” Ma quanto più si sforzava di ridurre, di semplificare il suo problema, tanto più questo gli appariva difficile, spaventoso. “È impossibile andare avanti così.” Avrebbe voluto piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun lume splendeva nella lontananza: “impossibile.”

Separatosi dalla moglie, inizia una relazione con la scrittrice Dacia Maraini, con la quale fonda la compagnia teatrale “Porcospino”. Insieme compiono diversi viaggi verso le più svariate destinazioni: Cina, Corea e Giappone, Africa, Mosca, Strasburgo.

Moravia viene ritrovato morto nel bagno di casa sua nel 1990.

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